L’Associazione Culturale NarteA porta in scena la drammatica vicenda di Corradino di Svevia, la cui uccisione a soli 16 anni fu il via libera per l’insediamento degli Angioini a Napoli. La truce vicenda viene rappresentata nei luoghi che fecero da sfondo al drammatico evento. Il racconto scenico si sviluppo tra la chiesa di San’Eligio, nell’antistante piazza Mercato fino al Complesso del Carmine e si intreccia alla visita guidata secondo la formula targata NarteA.
Nel 1266, dopo la morte di Manfredi, alla tenera età di quattordici anni, Corradino fu chiamato in Italia dalla fazione ghibellina. Accolto con favore, entrò a Roma trionfalmente, ponendo le premesse per una facile vittoria nel meridione. Fu allora che Carlo d’Angiò, abbandonato l’assedio della colonia musulmana di Lucera, si mise in marcia per intercettare al più presto l’esercito di tedesco. Nello scontro campale, l’esito della battaglia si mantenne a lungo incerto, finché gli Angioini riuscirono ad avere la meglio. Corradino riuscì a sottrarsi alla cattura, iniziando una rocambolesca quanto umiliante fuga nella campagna. Alla fine, tradito da alcuni compagni, fu catturato dalle milizie angioine e condotto nel carcere partenopeo.
All’Alba del 29 ottobre 1269, fu eretto un patibolo in Campo Moricino, dove oggi sorge la Chiesa di Sant’Eligio, nei pressi di piazza Mercato. Di lì a poco, dopo essere stato imprigionato e sottoposto ad un processo farsa da parte degli Angioini, sarebbe stato ucciso a soli sedici anni l’ultimo discendente di Federico II di Svevia.
La visita teatralizzata parte dalla Chiesa di Sant’Eligio, dove il pubblico potrà incontrare il boia che uccise il giovane Corrado V di Hohenstaufen, chiamato Corradino per la sua esile figura e la giovane età. Tra dicerie e voci che si rincorrono, pare che la chiesa, che oggi sorge proprio nel luogo dove rotolò la testa del ragazzo, sia stata edificata da Carlo D’Angiò per chiedere perdono al Papa per l’efferato omicidio compiuto. Il percorso si conclude nel Complesso del Carmine, che custodisce le spoglie di Corradino: qui appariranno Giovanni da Procida, che secondo la leggenda assistette alla decapitazione di Corradino raccogliendone il guanto caduto in terra e la madre del principe, Elisabetta di Baviera, la quale, fino all’ultimo cercò di salvare il figlio.
La drammatica vicenda di Corradino segnò la fine di un casato, ma il sacrificio del giovane rampollo della famiglia Sveva costò a Carlo d’Angiò l’odio dell’intera popolazione napoletana.
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